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Angelo de Robertis, Direttore Artistico di Radio 105, parla con Radiospeaker.it

Radiospeaker.it continua ad incontrare i professionisti della radio italiana e oggi si sposta a Milano per intervistare Angelo(Colciago) de Robertis, direttore artistico di Radio 105. Dopo le prime battute ed una domanda sul rapporto di media partnership tra Radio 105 ed il Giro d’Italia entriamo nel vivo della questione parlando di Radio:

Ultimamente i Network Radiofonci, come 105, stanno puntando molto sui personaggi televisivi (Cris&Cris, Mandelli, Battaglia, Cattelan, ecc…). E’ più facile sfruttare la rinomanza di un personaggio televisivo piuttosto che scovare il talento di un ragazzo “sconosciuto”?
In realtà il ragionamento è molto più complesso e articolato. Se dobbiamo parlare di momenti della radio condivisi con il pubblico sul territorio, sicuramente il personaggio televisivo fa la differenza. Nel caso specifico, se vogliamo far riferimento al Giro d’Italia, avere Daniele Battaglia o Cattelan al Giro sicuramente ha un valore maggiore perché sono personaggi più conosciuti anche dal vivo. Per quanto riguarda invece il “talent televisivo” che conquista il suo momento in radio, l’elenco di nomi che mi hai appena fatto è una scrematura di centinaia di personaggi televisivi che hanno cercato di fare radio. Quindi, anche per quanto riguarda i personaggi televisivi c’è una meritocrazia, ci dev’essere la capacità di comunicare in radio. Poi è chiaro, fa gioco a tutti che questa persona sia anche un “personaggio televisivo”. Ma non è il fattore “televisivo” in se che ci porta a scegliere una persona piuttosto che un’altra, assolutamente no.

Converrà però sul fatto che “pescare” da una radio locale è molto più complicato, richiede uno sforzo maggiore
Si è vero, questo però è anche un problema che nasce da un cambiamento dell’assetto delle radio. Io faccio riferimento alla mia carriera, ho cominciato facendo un numero enorme di piccole radio, per passare negli anni a radio sempre più importanti. Ora non è più così, è molto più difficile per un  giovane trovare una “squadra minore” dove allenarsi per poi proporsi in “serie A”. E’ un problema che condividiamo con questi nuovi talenti che fanno fatica ad esprimersi e a proporsi ma non è generato da noi. Noi purtroppo abbiamo necessità di fare delle cose a colpo sicuro e non possiamo fare troppi “esperimenti”.

ASCOLTA L’INTERVISTA PER INTERO QUI:


Perché non utilizzare le web radio come palestra, visto che il gruppo Finelco ne ha molte?
In realtà noi, tra le varie radio, siamo quelli che danno maggior disponibilità a confrontarsi con queste nuove risorse, questi nuovi potenziali talenti. Il problema è anche legato ad un’evoluzione nel modo di comunicare della radio: non è più sufficiente avere una bella voce, avere una bella dizione, saper ridere al momento giusto, fare la battutina, conoscere la musica, queste sono tutte cose che una volta facevano la differenza. Adesso bisogna fare qualcosa di particolare, bisogna essere carismatici. Noi abbiamo difficoltà nel trovare gli spazi per poter verificare queste qualità e nello stesso tempo chi ha queste qualità non ha un posto dove poterle mettere in pratica  per farsi notare. (…) Resta il fatto che personalmente sono molto disponibile e mi confronto sempre con chiunque mi mandi una demo. Poi, se vedo che c’è un minimo di potenziale e di originalità, organizzo un incontro.

Spesso si associa Radio 105  allo “Zoo”. Quanto è difficile per un direttore artistico convivere con un programma così discusso?
Fa parte del gioco. E’ una cosa che fa molto comodo a tutti ed è difficile da gestire. Così come in tutte le situazioni particolari e innovative, situazioni che non hanno precedenti, è difficile. Bisogna prendersi il buono e il cattivo delle cose. Loro hanno un potenziale enorme, un potenziale che una volta guidato consegna grandi soddisfazioni, ma che spesso è davvero difficile da poter guidare. Quindi ci prendiamo il bello è il brutto. Lo zoo a mio parere negli anni è stato anche sovraesposto, però è stato per noi l’inizio di un ciclo molto positivo, è stata l’origine di una rinascita del nostro Network perché ha saputo fare delle cose (che possono piacere o meno) che hanno cambiato un po il modo di fare radio

Ultimamente si è parlato molto dello Zoo per via dell’abbandono di Wender & Co (passati a Radio Deejay).  Lasciarli andar via è stata una scelta voluta o un errore della direzione?
Nè l’uno, nè l’altro ed entrambe le cose. In realtà noi avevamo un programma che  aveva bisogno di essere ricostruito, doveva in qualche modo cambiare ed evolversi perché loro stessi erano molto stanchi di quello che stavano facendo ormai da 10 anni. C’erano problemi di convivenza anche tra di loro, sono cose normali nei rapporti di vita e di lavoro tra le persone. Soprattutto nell’ambito artistico a volte il rapporto personale diventa determinante rispetto anche alla collaborazione nel lavoro, quindi c’era un problema di questa natura che partiva da un difetto nella creatività, una mancanza di nuovi stimoli, di inventare cose nuove dopo 10 anni che andavano avanti. Il tutto si era tradotto anche in un difficile rapporto personale, quindi la parte artistica andava comunque rivista e corretta.

Poi, che loro abbiano scelto di andare altrove ci sta tutto. Alla fine hanno fatto una carriera con Mazzoli, sono entrati che erano i “signori nessuno” e sono diventati i “signori Zoo”, quindi ci sta tutto che ad un certo punto della loro carriera possano aver avuto bisogno di fare qualcosa al di fuori di un ambito dove vengono trattati come quelli che vengono a fare il programma di Mazzoli. Rivendicavano la necessità di fare qualcosa con i loro nomi e cognomi, che poi questo adesso siano riusciti a farlo è tutto da discutere perché alla fine sono andati a fare la stessa cosa da un’altra parte, ma non entro nel merito. Quindi non c’è nessun errore della direzione perché quando una chimica, un’alchimia, una formula si scompone è difficile rimetterla insieme in laboratorio. Facendo delle metafore musicali: quando i Police si sono sciolti, Sting è diventato quello che è diventato e gli altri sono scomparsi, insieme invece erano i Police, singolarmente sono altre cose. Non si possono ricostruire i Police, come non si possono ricostruire delle cose che erano fatte in determinato modo.

Quindi non c’entra una questione di denaro? Non è stato un discorso legato ad un contratto di tipo economico?
La questione è più legata proprio ad ambizioni dei tre ragazzi che sono andati via, che io rispetto e condivido, a rapporti umani e creatività che veniva a mancare. Lo Zoo è un programma che racconta se stesso in onda, quindi quello che loro vivevano nelle serate, nelle vacanze nei corridoi della radio, insomma la loro vita diventava la risorsa da cui prendere idee. Mancando quello, diventa tutto più difficile. Si è chiuso un ciclo, noi lo sapevamo e stavamo cercando di farne un’altro, loro non hanno accettato e si sono spostati altrove.

Conosce Radiospeaker.it?
Certo, io seguo moltissimo la comunicazione radiofonica online, quindi ho avuto modo di leggere numerosi articoli e conosco il vostro sito.

Trova utile la presenza sul nostro sito del Database contatti e demo degli speaker radiofonici italiani per scovare nuovi talenti?
Tutto è utile, ovviamente non posso dire il contrario. Quanto utile possa essere poi il tempo lo dirà. Non è così semplice, non è come trovare un bravo elettricista. Una radio è come una squadra di calcio: ci sono giocatori di basso profilo che in certe squadre giocano benissimo e giocatori fuoriclasse che in certe squadre non rendono. Quindi, anche avendo un buon database con dei personaggi bravissimi, una volta scelto quello che potrebbe andar bene per noi è tutto da provare e verificare sul campo, soprattutto in una radio molto particolare come la nostra dove la regola principale è quella di non avere regole.

Cosa dovrebbe fare uno speaker per attirare la sua attenzione?
Deve cercare di far venir fuori non tanto la sua capacità, la sua bravura, ma la sua “natura”. Cioè, più che farmi capire che è molto bravo a prendere l’intro o a dire il titolo dell’artista, o che conosce la musica, deve far venir fuori ciò che è realmente. Deve farmi sentire il suo “freestyle”, qualcosa che mi faccia capire con che persona ho a che fare, più che farmi capire quanto sia bravo. Poi se è il caso lo chiameremo a fare un provino qui per vedere come se la cava dal vivo nella nostra radio.

Grazie per i 20 minuti che ha dedicato a Radiospeaker.it
Grazie a voi, spero di avere la possibilità di parlare altri 20 minuti con Radiospeaker.it molto presto, parlare di radio e parlare di noi è sempre un piacere.

Intervista a cura di Giorgio d’Ecclesia

Admin Radiospeaker

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