Autoreferenzialità VS impersonalità: il grande dilemma radiofonico
Quello di cui vi sto per parlare è forse il più grande dilemma radiofonico. Certamente è un argomento di dibattito che divide gli “addetti ai lavori” ma anche gli appassionati, a seconda di quale sia il modo di fare radio che ritengono più corretto.
E’ sbagliato per chi inizia a fare questo mestiere per lavoro o passione, essere autoreferenziali e parlare troppo (o solo) di se durante la diretta. A suo modo questa può essere interpretata come una mancanza di rispetto nei confronti dell’ascoltatore, quasi a volersi mettere su una pedana dalla quale si parla di se guardando tutti dall’alto verso il basso, dando per scontato il fatto che a tutti interessi sapere qualcosa di chi è al microfono.
Leggermente diversa è la situazione per chi è un “personaggio” già noto e conosciuto che trasmette da una radio nazionale. Ma ciò non deve trarre in inganno, perché questo non significa, e soprattutto non autorizza chi ci parla a dover raccontare sempre e comunque qualcosa di se.
In generale sono dell’idea che in maniera moderata, sia che ci si trovi in una piccola radio o in un grande network, possa essere corretto parlare di qualcosa che ci è accaduto magari come punto di partenza per una riflessione, un dibattito o un momento di intrattenimento con gli ascoltatori. Diverso è però esagerare, facendo una sorta di “seduta psicanalitica” davanti al microfono, col rischio di far addormentare o peggio irritare gli ascoltatori.
All’opposto di questo atteggiamento c’è l’impersonalità, che pur avendo a mio avviso un’accezione negativa è comunque diventata caratteristica fondante di alcune radio. Il modello è quello basato sul dare in maniera chiara e concisa una notizia (che non sia mai o quasi “personale”), senza caratterizzarla con commenti, opinioni o punti di vista. Se questo può funzionare per un determinato tipo di programmi (si pensi al radiogiornale, ad un programma di attualità o politico), diversa è la situazione se si tratta di un programma di intrattenimento.
Credo infatti che in quest’ultimo caso sia doveroso “personalizzare” e fare un po’ “proprio” ciò di cui vogliamo parlare, perché l’essenza della radio è la condivisione di idee, pensieri e parole messi liberamente in circolo tramite una rete virtuale che unisce tutte le persone all’ascolto.
Insomma, la cosa più corretta da fare soprattutto tra chi aspira a diventare un bravo speaker è quella di non eccedere mai in un senso o nell’altro. Quindi meglio tenere a bada il proprio ego, pur cercando di mettere sempre qualcosa di “nostro” quando parliamo al microfono, il tutto provando ad essere interessanti e non dilungandoci molto.
Ma sono sicuro che tra voi qualcuno avrebbe qualcosa da dire in merito e quindi vorrei chiedervi: da che parte state? E’ giusto raccontare le cose in maniera soggettiva oppure no? Quale pensate sia il giusto equilibrio tra questi due estremi? Come affrontate questo problema?
Articolo a cura di Mattia Savioni