HomeMagazineIl concepimento delle SmartRadio, un Media (sempre meno) tradizionale

Il concepimento delle SmartRadio, un Media (sempre meno) tradizionale

Il progresso ha cambiato il mondo.

Viviamo in un periodo di transizione: basta pensare ai radicali quanto esponenziali cambiamenti sociali degli ultimi 50 anni. Ma c’è un fenomeno che ha cambiato la vita di tutti noi in pochissimi anni, un processo che è ancora in fase di transizione: Internet. Internet sta cambiando il mondo. L’editoria è di sicuro uno dei settori che più fatica a trovare la sua nuova dimensione all’interno della realtà dei fatti.

Durante il cambiamento regna il caos, ma chi saprà prevedere la stabilità una volta usciti dal tunnel della transizione verrà premiato. L’innovazione e la lungimiranza premiano gli audaci. C’è ancora qualche recidivo che agisce e ragiona a prescindere dal fattore web, ma mi sento di definire questa linea di pensiero “retrograda”. Se fosse per questi vivremmo ancora sugli alberi e, fin qui, nessuno può dissentire.

Entriamo nel vivo della discussione prendendo in esame l’editoria radiofonica. Prendiamo come esempio il gruppo Finelco che copre 3 dei target principali con le sue emittenti: i giovani con 105, gli over con Montecarlo e la nicchia principale, quella rock, con Virgin Radio. (Questo esempio si potrebbe estendere anche agli altri networke lo stesso discorso è valido anche per le realtà locali).

I giovani sono la categoria più aperta verso le nuove tecnologie, la maggior parte di loro possiede un pc e/o un tablet e/o uno smartphone e via dicendo. La minima parte restante verrà fisiologicamente colmata negli anni a seguire, ottenendo che chiunque possieda un dispositivo per connettersi alla rete in qualsiasi momento.

Se qualcuno volesse obiettare porto come esempio la telefonia mobile negli anni 90: chi pensava che dopo soli 10 anni tutti possedessero un cellulare? Senza considerare la nascita delle nuove tecnologie, per esempio le auto di nuova generazione sono dotate di un computer di bordo in grado di connettersi alla rete, diremo addio alle autoradio. Gli ascolti radiofonici oggi sono fidelizzati, inutile negarlo, almeno per quanto riguarda le fasce orarie.

Sono sempre meno i casual-users e, oltretutto, sono irrilevanti ai fini di indagini sull’ascolto e per questioni di marketing. Ipotizziamo che 105 spenga tutte le frequenze in FM, passandole a Virgin o Montecarlo o, perché no, vendendole agli altri network.

Chi osa immaginare quale sarebbe il profitto dell’ultima operazione? Il pubblico di 105 sarebbe disperato?

No, poiché 105 avrebbe spento solo l’FM, ma avrebbe ancora attiva l’applicazione per smartphone e lo streaming. Quindi gli ascoltatori troverebbero un’altra (semplice oggi, naturale e scontata domani) via per ottenere il risultato: l’ascolto del prodotto. Dal punto di vista del marketing le aziende investirebbero comunque sulla radio, anche perché saprebbero con più certezza le cifre di ascolto: il calcolo è molto più semplice se si tratta di contare quante applicazioni sono state scaricate, o quanti utenti sono connessi al sito.

E anche loro dovranno stare al passo con i tempi, no?

Ovviamente il gruppo Finelco dovrebbe dire addio ai contributi statali, almeno fino a un primo momento, non è detto che anche questi si adeguino alle nuove esigenze, ma è una cifra trascurabile rispetto alle cifre mosse in precedenza. L’esempio di Radio 105 è voluto: il target giovane non incide sulla popolazione più tradizionale e “nostalgica” che rimarrà ancorata al passato. Forse questa analisi verrà additata come semplicistica o addirittura bandita dall’inquisizione, ma la sperimentazione sta alla base del successo.

Articolo inviato alla redazione da Santiago Canali
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