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Le canzoni sono sempre più brevi? Il ruolo di radio, streaming e tendenze creative

Le canzoni sono sempre più brevi? Il ruolo di radio, streaming e tendenze creative

Le canzoni diventano più corte, ma la colpa non è solo dello streaming. Il cambiamento è legato a storia, generi musicali e nuove modalità di scrittura. Secondo un’analisi di Chartmetric, nel 2024 la durata media dei brani in classifica su Spotify era di circa 3 minuti, 15 secondi in meno rispetto al 2023 e 30 in meno rispetto al 2019. Ma cosa sta davvero succedendo?

Dalla radio anni ‘60 a TikTok: come cambia la durata dei brani

Già nei primi decenni del Novecento, la durata delle canzoni era influenzata dai limiti tecnologici. I dischi in vinile a 78 giri potevano contenere circa 3 minuti di musica per lato. Non a caso, molti successi del passato – come “Blue Moon” dei Marcels – duravano meno di 2 minuti e mezzo, seguendo la struttura AABA.

Con l’introduzione della forma strofa-ritornello negli anni ‘50 e ‘60, le canzoni iniziarono ad allungarsi, specialmente grazie al vinile LP e, più tardi, ai CD. Negli anni ‘80 e ‘90, la lunghezza media arrivò a superare i 4 minuti.

Tuttavia, con l’arrivo dello streaming e delle piattaforme come TikTok, si è tornati a una scrittura più sintetica e diretta. Artisti come Lil Yachty, Sabrina Carpenter e Charli XCX hanno lanciato brani da meno di 2 minuti che hanno comunque conquistato milioni di stream.

Il ruolo delle radio nel nuovo equilibrio tra durata e creatività

Le radio hanno storicamente favorito brani di 3-4 minuti per motivi di programmazione. Ma oggi, con l’evoluzione delle playlist e della fruizione digitale, anche il mondo radiofonico si adatta a formati più brevi, spesso richiesti dagli stessi ascoltatori.

Secondo il docente e giornalista Charlie Harding, però, la durata non deve essere l’unico parametro. “Alcune canzoni devono essere lunghe per raccontare una storia. L’importante è che siano coinvolgenti e coerenti con la visione dell’artista”, ha dichiarato.

L’influenza dell’hip-hop e della produzione domestica

Il genere hip-hop ha giocato un ruolo chiave. Le sue strutture flessibili e la tendenza a usare loop, beat e strofe di diversa durata hanno ispirato artisti pop e mainstream. Anche la possibilità di produrre musica in casa ha velocizzato il processo creativo, rendendo più facile la scrittura di brani brevi ma intensi.

Canzoni come “BIRDS OF A FEATHER” di Billie Eilish, breve ma potente, dimostrano che un brano può essere efficace anche in pochi secondi, soprattutto se riesce a conquistare l’ascoltatore fin dall’inizio.

Creatività prima della durata

L’algoritmo di Spotify considera una riproduzione completa già dopo 30 secondi, ma questo non significa che tutti i brani debbano essere più corti per guadagnare di più. “Blinding Lights” di The Weeknd, il brano più ascoltato di sempre su Spotify, dura oltre 4 minuti e inizia con un’intro di 30 secondi.

“Alcune hit durano poco, altre sono lunghissime. Conta solo la qualità”, sottolinea Harding. La musica deve emozionare, indipendentemente dalla sua durata.

E se fosse il momento del ritorno delle canzoni lunghe?

Tra i contenuti brevi e virali, si intravede una possibile contro-tendenza. Secondo Harding, “potremmo assistere al ritorno delle esperienze immersive, come i concerti delle jam band. Le persone vogliono essere trasportate da un viaggio musicale”.

Che sia breve o lunga, la canzone resta uno strumento potente per raccontare emozioni. E le radio – con la loro capacità di selezionare, diffondere e valorizzare i brani – continueranno ad avere un ruolo cruciale in questo processo.

Adriano Matteo

Adriano Matteo

Tecnico del suono radiofonico, live e broadcast, giornalista iscritto all'albo pubblicisti della Puglia e grande appassionato di radio in tutte le sue sfaccettature. Leggi i miei articoli

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