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La radio è necessaria per conquistare il mainstream? Il dibattito nel podcast di Esse

Lo spunto interessante proposto nel podcast di Esse Magazine tira in ballo una questione non da poco... ma siamo sicuri che la domanda sia posta nel modo giusto?

La radio è necessaria per conquistare il mainstream? Il dibattito nel podcast di Esse

Si torna a parlare di radio, questa volta nel podcast “Link in Bio” condotto da Mondo Marcio insieme ad Alessandro Quagliata, caporedattore di Esse Magazine, Gabriele Baldassarre, Drimer e Ralph Lautrec.

“La radio è necessaria per conquistare il mainstream?”

È questa la domanda che, precisiamo, fa riferimento al mondo rap e da cui Mondo Marcio parte nella seconda parte della settima puntata del podcast di Esse. La risposta lampante che emerge da subito è NO. La radio non è necessaria per svoltare nel mondo rap, però può essere un strumento per abbracciare tutte le fasce” spiega il rapper Drimer aggiungendo che le radio italiane parlano tutte a un pubblico adulto e pochissimo ai giovani.

Non manca il parallelismo tra l’Italia e l’America o la Francia, dove, a differenza del nostro paese, sarebbero presenti diverse emittenti tematiche che si occupano solo di rap. Ma è davvero così? Davvero la radio in Italia non si occupa di Hip-Hop, Rap, R&B e tutto ciò che può essere definito Urban?

Probabilmente fino a poco tempo fa era così: i grandi network aggiravano il genere già culturalmente rivolto a una nicchia e di tutti i progetti indipendenti che provavano a portarlo su, molti hanno mollato dopo poco: TRX Radio, l’emittente ideata da Paola Zukar, è l’esempio che viene fuori durante il podcast che, secondo Alessandro Quagliata, non ha retto per via del fatto di non essere in FM.

Il rap ha bisogno di essere mainstream?

Il rap è da sempre un genere musicale “marginale”, rinnegato dal mainstream e che, notoriamente, rinnega il mainstream per restare “di quartiere” e per non perdere il legame con le radici ben salde alla realtà, alle storie vere raccontate e a tutto quello che poi ancora oggi è la motivazione del successo di questo genere che non ha mai dovuto chiedere aiuto a nessuno per spiccare.

Nonostante questo, la radio negli ultimi anni si è avvicinata tanto al rap, a tutto quello che non era mainstream e che di contro aveva un pubblico di nicchia ma incredibilmente ampio.

Non esistono radio di settore rap in Italia… davvero?

Non vogliamo essere troppo autoreferenziali, ma non possiamo non citare la giovane Urban Radio, che solo nell’ultimo anno si è ampliata raggiungendo in DAB diverse zone d’Italia, le più attive sul fronte rap: un esempio è la Puglia da dove arriva fra gli altri Kid Yugi, una delle rivelazioni del mondo rap degli ultimi mesi. Urban Radio potrebbe essere esattamente la realtà radiofonica di cui Mondo Marcio & co. dicono di aver bisogno in Italia, la radio che si occupa a tutto tondo di hip-hop e R&B, che in effetti mancava sul territorio italiano e che in punta di piedi si sta affacciando su questo mondo con l’auspicio di poter, un giorno, dare il giusto spazio a tutto l’urban italiano e non solo.

Non solo Radio Deejay parla di rap

Andando oltre, senza soffermarci troppo su Radio Deejay, l’unica emittente “salvata” durante il podcast che ha il merito di essere stata la prima in Italia, già negli anni ’90 grazie ad Albertino che ha scommesso sull’hip-hop con personaggi iconici come Esa, Tormento, La Pina e tanti altri, potremmo citare anche solo Radio Italia che oggi ha in rotazione artisti come Anna o Geolier e che solo pochi anni fa mai avremmo immaginato potesse suonare rapper del genere.

Radio Italia è una radio rivolta a un pubblico adulto ma che si è rivelata essere molto apprezzata anche da una fetta di giovani affezionati alla musica italiana. In quest’ultimo caso è chiaro che le hit degli artisti citati in rotazione non sono altro che brani studiati per essere “mainstream” o come piace oggi definirli “radiofonici”; sarebbe un azzardo lanciare su Radio Italia – come dice Mondo Marcio ascoltata da sua nonna – un pezzo rap esplicito che non ha bisogno e non vuole quel canale per arrivare a un pubblico più vasto.

Un altro esempio lampante è Radio Zeta, emittente del gruppo di RTL 102.5 rivolta ai giovani, alla generazione zeta che si definisce molto legata a tutto il mondo urban, oltre che all’indie e al già mainstream pop.

La promozione discografica in radio e gli eventi radiofonici

Un’altro importante fattore da citare sono tutti gli eventi radiofonici dove la maggior parte di rapper e artisti urban trovano spazio durante la stagione estiva. Radio Norba Battiti Live, Radio Zeta Future Hits Live, Party Like a Deejay, Radio Italia Live, RDS Summer Festival, 105 Summer Festival, Power Hits Estate e non solo, da maggio a settembre danno spazio certamente al pop ma anche – in alcuni casi soprattutto – al rap e all’hip-hop aprendo loro le porte del mainstream.

Nella maggior parte dei casi gli artisti ospiti a questi eventi sono in promozione con i loro lavori discografici, per loro è fondamentale sfruttare quegli eventi o anche banalmente gli spazi radiofonici con interviste mirate, per promuovere i singoli o gli album in uscita e per ambire al mainstream.

geolier radio italia live
Fonte www.radioitalia.it

È probabile che senza la radio un pezzo come Sesso e Samba non avrebbe avuto la risonanza intergenerazionale che ha avuto e, nonostante il pezzo sia chiaramente studiato per le radio, discostandosi dal concetto di rap old school, Tony Effe sarebbe rimasto sconosciuto per molti o ricordato come “quello della Dark Polo” che sì, era mainstream, ma per una sola generazione.

Chart Spotify vs Radio: cosa cambia?

Nella chart dei brani più riprodotti su Spotify di cui si parla ampiamente nel podcast, seppur diversa da quella dei brani più suonati in radio, oggi, ai primi posti ci sono Anna, Tony Effe, Ghali e Rose Villain, tutti artisti che in questi mesi sono passati in promozione dalle radio o sono saliti sui palchi di eventi radiofonici. È anche vero che Sfera quest’anno ha fatto a meno di questo tipo di promozione, raggiungendo comunque un’ottima posizione fra gli album più venduti e riempiendo San Siro senza troppe difficoltà, ma parliamo di un artista che pur avendo raggiunto incredibili record di vendita, non rispecchia il concetto di mainstream intergenerazionale, restando l’idolo di una nicchia che, seppur immensa e molto attiva, senza la radio (o Sanremo) resterà inevitabilmente lontana da diverse generazioni.

Il rap è arrivato a Sanremo anche grazie alla radio

Ma di esempi che portano il rap e i trend di nicchia nel mainstream ne potremmo fare svariati a partire da quello che fa Wad su Radio Deejay ogni sera con “Say Waaad!?!”. Wad ha anticipato il trend di Sanremo che da qualche anno, grazie ad Amadeus che ha spesso sottolineato di essersi fatto ispirare proprio dalla radio, ha iniziato a portare il genere urban sul palco dell’Ariston, sdoganandolo davanti a un pubblico generalista che troppo spesso lo evitava.

La premessa è ottima e abbiamo anche visto che, al contrario di quanto detto, qualcuno che parla di rap in Italia in effetti c’è, ma alla fine il rap ha bisogno della radio per diventare mainstream o no?

Il rap no, non ha bisogno della radio per diventare mainstream, perché forse non vuole essere mainstream. Storicamente non ha mai avuto bisogno del mainstream e lo ha sempre tenuto lontano. E nonostante la risposta venuta fuori durante il podcast non rispecchi esattamente lo stato attuale delle cose in Italia, probabilmente è proprio la domanda iniziale ad essere errata, che quindi potrebbe invece essere”: “Il rap vuole davvero essere mainstream?

Adriano Matteo

Adriano Matteo

Tecnico del suono radiofonico, live e broadcast, giornalista iscritto all'albo pubblicisti della Puglia e grande appassionato di radio in tutte le sue sfaccettature. Leggi i miei articoli

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