Rosario Pellecchia: Oggi più che mai il ruolo di speaker radiofonico è importante
Qualche giorno fa vi avevamo riportato le parole di Albertino relative a come la radio sta vivendo il Covid-19.
Quest’oggi a parlare a Repubblica.it è invece Rosario Pellecchia, il “Ross” di 105 Friends, programma che conduce insieme a Tony Severo su Radio 105, ogni giorno dalle 10 alle 12.
In questo periodo, come quasi tutti i suoi colleghi, trasmette da casa grazie allo smart working. Queste le sue impressioni: “Avverto molta unità e umanità. Non so cosa accadrà in futuro, ma in questo momento vedo una situazione del tutto opposta a quella descritta in ‘Cecità’ di Saramago, in cui la guerra amplifica la tragedia fino all’inverosimile. Si percepisce, all’opposto, una volontà di aiutarsi gli uni con gli altri. Oggi più che mai il nostro ruolo di speaker radiofonici è importante. Inutile dire che gli eroi in questo momento sono i dottori, gli infermieri, i camionisti che trasportano i beni di prima necessità nei negozi. Ma credo che una voce amica che ti informi, che ti faccia sorridere e sentire meno solo nella clausura forzata abbia oggi un valore esponenziale“.
Rosario Pellecchia: Oggi più che mai il ruolo di speaker radiofonico è importante
Poi si sofferma a considerare le proprie ansie e le proprie speranze: “Temo che il virus possa avvantaggiare il capitalismo d’assalto, i più spietati speculatori. Forse dico una cosa ingenua, perché appare inevitabile, ma lo trovo aberrante. Temo che ci si possa tornare a incattivire, che la gente, anche a causa delle problematiche sociali ed economiche che di sicuro sorgeranno, possa essere indotta ancora di più a fare scelte istintive che favoriscano quei politici senza scrupoli già abituati a far leva su paure collettive indotte. Oggi i sondaggi ci dicono che di fronte a una minaccia reale i populisti stanno perdendo consensi, ma un montare di altre forme di paura successive alla crisi sanitaria è qualcosa che va evitata a tutti i costi. La speranza è che questo rallentamento forzato possa farci riscoprire cose che avevamo smarrito, che si può vivere a una velocità diversa, il valore reale di un’amicizia, di un abbraccio, di una stretta di mano dopo aver provato cosa significa esserne privi. Spero che in futuro si possa essere ancora più dipendenti dalla cultura”.
Rosario fa anche un salto nel passato raccontando i suoi inizi radiofonici: “Un esordio precoce con la stabiese Radio Tirreno Sud, imitando Massimo Troisi e Beppe Grillo. Rimasi folgorato dai giradischi, dai microfoni, dai registratori a bobine, dall’odore dei vinili”.
Poco dopo, a soli diciassette anni, venne chiamato a Radio Kiss Kiss da Gianni Simioli: “Mia madre si ricordò solo dopo una settimana di aver preso la sua telefonata”. Qui rimase circa sette anni, poi arrivò a Raadio 105, vincendo anche un Telegatto.
Pellecchia parla con passione di Milano, da cui si sente adottato: “Me ne innamorai subito. Mi ha dato tutto, ho fatto esperienze in ventiquattro anni che altrove avrei fatto in un millennio: radio, dischi, TV, libri. È una città che non ha nulla da invidiare alle grandi capitali europee e mondiali. Per questo il virus è stato ancora di più una mazzata e la città, come specchio ideale dell’Italia attiva, del Paese che lavora, ne soffre come non mai. Ha un ritmo ideale, che sa integrare produttività, cultura e tempo libero. Vederla fermarsi dà un dolore incredibile, ma è una metropoli forte, socievole (in barba a qualsiasi stupido luogo comune) e sono convinto che saprà risorgere come un’Araba Fenice. E che questo potrà accadere ovunque, anche a Napoli, anche a Roma, in qualsiasi realtà nazionale”.
Recentemente è diventato scrittore, pubblicando il libro “Solo per vederti felice”, dramedy semi-autobiografico ambientato a Castellammare e incentrato sul problema della demenza senile.
Infine, un cenno alla sua prossima fatica letteraria, in fase di scrittura: “Il tema ha incredibilmente a che fare con i contatti umani, con la socialità, con il dolore e con una categoria di persone che anche nei periodi più drammatici della storia del Paese non ha mai smesso di pedalare, non solo in chiave metaforica”.
Articolo a cura di Francesco Pinardi